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VERSO LA COP22, PRONTI ALL’AZIONE

28.10.2016

La prima metà di un autunno molto caldo sul fronte della lotta al cambiamento climatico è trascorsa. Si avvicina un appuntamento fondamentale per il clima: la prossima conferenza delle parti COP22 in programma a Marrakech dal 7 al 18 novembre, che dovrà dare attuazione all’Accordo di Parigi.

L’ultima autorità scientifica a suonare il campanello d’allarme per il clima è stata la World Meteorological Organization (WMO) che questa settimana ha confermato ufficialmente che nel 2015 la concentrazione media della CO2 in atmosfera ha superato le 400 ppm, considerata la soglia simbolica da non oltrepassare per contenere i peggiori effetti del cambiamento climatico. Poche settimane prima il direttore del CO2 Program dello SCRIPPS Institution of Oceanography e figlio d’arte Ralph Keeling, aveva in qualche modo “spoilerato” l’agenzia delle Nazioni Unite concludendo che “sembra già possibile concludere con una certa sicurezza che non vedremo più un valore mensile al di sotto delle 400 ppm per quest’anno – e forse per un futuro indefinito” .

Benchè si tratti di una soglia psicologica – c’è poca differenza tra il calore intrappolato in atmosfera a 399 ppm o a 400 ppm – quello che è significativo è il ritmo al quale sta cambiando questo parametro. Il grafico qui sotto, elaborato da Climate Central, rende bene l’idea: noi attualmente stiamo avanzando lungo la linea rossa; se non si aggiusta la rotta nel 2100 la concentrazione di CO2 nell’aria sarà di 1000 ppm per un aumento di temperatura compreso tra i 3,2 e i 5,4 °C.

cop-news

Un altro avvenimento rappresentativo dei potenziali impatti del cambiamento climatico è stato l’uragano Matthew, che ha attraversato i Caraibi e la Florida lasciando dietro di sé molte vittime e danni ingenti e la cui particolare violenza è stata associata da diversi commentatori ai mutamenti ambientali in corso. A questo proposito bisogna riconoscere che la relazione scientifica tra cambiamento climatico ed eventi metereologici estremi quali gli uragani è difficilmente dimostrabile, data la quantità di variabili che governano la nascita e lo sviluppo di tali fenomeni e la mancanza di serie storiche.

Detto questo, l’aumento del livello e della temperatura degli oceani sono di fatto due effetti del riscaldamento globale, e si tratta di parametri che influiscono sull’intensità e sulla durata degli uragani in maniera altrettanto inequivocabile. Come ha sintetizzato Chris Mooney dalle colonne del Washinghton Post “anche se una precisa attribuzione rimane complessa […] viviamo in un mondo sempre più caldo, umido e con mari più alti, e difficilmente si può negare che questo incida”.

La ratifica dell’Accordo di Parigi

Una buona notizia arriva il 5 ottobre: l’Unione Europea e i governi di Bolivia, Canada e Nepal depositano presso le Nazioni Unite lo strumento di ratifica dell’Accordo di Parigi, portando così il numero dei paesi che hanno ratificato a quota 74 e la quantità di emissioni di gas serra coperte al 58,8%. Questo significa il superamento della soglia per il via libera all’Accordo e la sua entrata in vigore esattamente 30 giorni dopo, vale a dire il 4 novembre (Status of Ratification). Per un trattato internazionale un iter inconsuetamente rapido – basti pensare che per il protocollo di Kyoto ci vollero otto anni.

La ratifica dell’Unione Europea è arrivata di corsa. Solo grazie al via libera alla procedura accelerata – fast-track – ottenuto nella seduta straordinaria del Consiglio Ambiente dell’UE del 30 settembre, il Parlamento Europeo ha potuto ratificare l’accordo senza dover aspettare l’approvazione a livello nazionale di tutti i Paesi Membri, alcuni dei quali pare esercitassero pressioni per strappare concessioni. In questo modo, l’Unione Europea potrà andare alla COP22 a testa alta e partecipare da decisore alla CMA1, la prima sessione della Conferenza delle Parti che riunisce i Paesi che hanno aderito all’Accordo di Parigi, in programma il 15 novembre a Marrakech.

A questo primo incontro di alto livello l’Italia parteciperà come osservatrice, perché solo ieri il Senato ha dato il via libera al ddl per la ratifica dell’accordo. Il regolamento a questo proposito è chiaro: per partecipare agli incontri del CMA, i firmatari del trattato devono depositare lo strumento di ratifica almeno 30 giorni prima del meeting in questione; in caso contrario la partecipazione è solo in qualità di osservatore.

Questo non significa che l’Italia sarà assente: ci sarà, ma come Stato Membro all’interno della delegazione dell’Unione Europea, e questo non diminuisce certo la serietà del nostro paese come sostenitore della cooperazione internazionale per il clima. Del resto, tra il gruppo dei primi della classe che hanno fatto i compiti a casa e depositato in tempo, c’è più di un intruso.

A Marrakech la COP to Action

Mentre il conto alla rovescia per la COP22 di Marrakech è iniziato, un segnale che fa ben sperare è arrivato da Kigali, Ruanda, dove è stato da poco concluso un accordo significativo per il clima. Si tratta di un’intesa sulla graduale eliminazione delle emissioni di CFC, un potente gas serra utilizzato come propellente e nei sistemi di raffreddamento, che ha sostituito il gas “mangia-ozono” HFC. La portata è significativa: dovrebbe contribuire a ridurre l’aumento della temperatura di 0,5. °C, come dire fermare le emissioni globali di CO2 per 2 anni.

Ma il contributo alla causa della COP22 può essere maggiore. In questa occasione infatti si stabilisce nel dettaglio come implementare l’Accordo di Parigi. Le questioni da definire sono molte: l’agenda comprende la presentazione dei Piani Nazionali per adempiere agli impegni in termini di riduzione di emissioni dei Contributi Nazionali Volontari (gli INDCs) che i governi hanno inoltrato prima di Parigi, oltre a tempi e modi di una loro revisione e alla metodologia per il monitoraggio dei progressi.

Un altro insieme include il sostegno finanziario, tecnologico e di know-how dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, per aiutarli a fronteggiare il cambiamento climatico – che proprio in questi ultimi farà sentire il suo peso maggiore – e permetter loro di attuare contemporaneamente i rispettivi Piani Nazionali. Garantire l’acceso alle tecnologie a basse emissioni è decisivo in questo senso, e il settore privato deve svolgere un ruolo di primo piano.

Se quella di Parigi è stata la conferenza dei riflettori accesi e dei proclami solenni, quella in programma a Marrakech sarà la conferenza dell’azione, in cui gli impegni vaghi dovranno essere trasformati in regole, scadenze e procedimenti precisi. Sarà quindi un appuntamento più importante e decisivo rispetto a quello dell’anno passato.

E poi in realtà sembra che quei riflettori si accenderanno anche su Marrakech. Ad esempio, le conversazioni sui social media sul tema si stanno intensificando. Da un’analisi degli hashtag #climatechange, #cop21 e #cop22 su hashtagify.me risulta che il primo ha un indice di popolarità negli ultimi due mesi di 69 – fatto 100 il valore dell’hashtag più popolare del periodo – mentre la popolarità dei secondi è in sensibile crescita, + 43,5% e + 31,5% rispettivamente.

hashtags data by hashtagify.me

La presenza di celebrità del mondo della musica e dello spettacolo garantirà inoltre una visibilità maggiore all’evento: dovrebbe esserci Dicaprio, sempre più impegnato sul fronte dell’ambiente, che presenterà il suo nuovo docu-film sul cambiamento climatico, Before the flood.

Ma la notizia più sintomatica di una maggiore sensibilità e consapevolezza sui temi climatici e ambientali è che gli accrediti giornalistici per partecipare alla conferenza sono terminati ancora prima del termine prefissato per farne richiesta. Forse la questione del cambiamento climatico sta cominciando davvero a fare notizia?

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